Psicologia dell’abitare: come costruire ambienti felici

Arch. Viola Curti 11.3.2025 @2024 Giovanetti Home SA

Oliver Marc, architetto francese che da tempo si occupa anche di psicoanalisi, sostiene che: l’architettura era forse la prima delle espressioni artistiche dell’uomo e la casa era la più perfetta espressione del sé.

Da tutto ciò deriva l’essenza dell’abitare, perché all’abitare arriviamo, come dice Heidegger, prima attraverso il costruire. E abitare vuol dire etimologicamente “essere riparati”, ma anche vivere ed esistere, rappresentare cioè un modo di essere e di intendere il mondo (citato in: La casa, strumento di analisi psicologica e sociale, Paola Coppola Pignatelli, Roma).

La casa è dunque l’immagine del sé, e, infatti, la psicanalisi riconosce alla casa che si manifesta nei sogni molteplici e profondi significati. Ciò che avviene “nella casa” avviene dentro di noi. Spesso noi stessi siamo la casa. Essa riproduce la più completa e antica manifestazione dell’anima e dei bisogni più profondi, cose che nelle nostre povere case di città sono state dimenticate nel corso di quest’ultimo secolo, alla ricerca delle cosiddette soluzioni funzionali, che hanno incasellato gli uomini entro cellule inserite in contenitori identici in Africa e in Europa.

Rispetto a questi diversi aspetti possiamo distinguere, prima di tutto, le case introverse da quelle estroverse. Le prime riflettono una rigida divisione all’interno della famiglia secondo ruoli predefiniti e scarsi rapporti sociali per le donne e per i bambini. Ne abbiamo un esempio con la casa arabo-mussulmana, costruita intorno al giardino interno, nettamente distinta in un reparto, prossimo all’ingresso, di vita maschile e uno, molto più interno, per le donne, accessibile solo attraverso un labirinto di stanze. Esempi di abitazioni estroverse sono, invece, gli insediamenti italici del meridione, incentrati sulla strada dove si lavora, si gioca, si chiacchiera, ci si rappresenta: la casa si affaccia sulla strada mediante balconi, finestre, scalette affollate. Ugualmente estroversi sono gli alloggi dei nuovi quartieri in Olanda e Danimarca, con le grandi pareti di cristallo aperto sul soggiorno, dando l’impressione ai passanti, di trovarsi di fronte ad un teatro dove sono rappresentate scene di vita familiare. In queste abitazioni le donne sono visibilmente più libere e indipendenti, i tabù minori.

In realtà, gran parte delle abitazioni occidentali si colloca lungo un continuo che va da un estremo all’altro, manifestando una maggiore tendenza per l’uno o per l’altro aspetto, accentuando in modo più o meno netto la separazione tra uno spazio “privato” (la casa) e “pubblico” (la comunità, il quartiere, ecc.). Infatti, i diversi elementi e strutture comuni alla maggior parte delle case hanno un valore simbolico ben preciso, sia sul piano collettivo, pubblico sia individuale, privato. Per esempio, la soglia di casa corrisponde all’archetipo del passaggio e della trasformazione, è il confine tra il dentro e il fuori, il segno dell’ingresso nella zona privata. La porta, invece, rappresenta una zona di collegamento, in cui avviene uno scambio tra due diverse realtà, ambientazioni. Il recinto è rappresentato dai muri perimetrali e corrisponde all’archetipo della difesa. La scala rappresenta la connessione tra piani diversi, sia della nostra personalità sia della nostra psiche. Corrisponde alla necessità che l’uomo ha avuto di salire, è connessa all’idea di elevazione e di comunicazione, rappresenta il contatto tra il cielo e la terra. L’atrio, secondo com’è progettato, restituisce una diversa percezione dell’intero alloggio. L’atrio buio, per esempio, che funge da filtro tra l’esterno e l’interno, è un segno di non totale apertura verso chi sta entrando, mentre, l’assenza di un atrio, un open-space, indica la volontà di chi vive nella casa di accogliere chi entra, rendendolo partecipe del proprio vissuto. In generale l’atrio rappresenta una “preparazione” da uno stato all’altro. Se l’atrio è caratterizzato da forme curve, favorisce l’accoglienza, poiché la linea curva invita a entrare perché ricorda la sensazione del “rifugiarsi” e quindi la protezione.

In conformità a quanto detto finora, appare ovvio come la casa possa trasformarsi in una sorta di “ambiente terapeutico”, a patto che sia organizzata e costruita il più possibile in armonia con l’ambiente che la circonda e con se stessi.