“Nell’abitare risiede l’essere dell’uomo”, afferma Heidegger, sintetizzando in poche parole un concetto profondo. L’abitazione è il nostro bozzolo, lo spazio protetto in cui plasmiamo la nostra umanità più intima. Concentrandoci sui modi in cui abitiamo il mondo, comprendiamo meglio chi siamo e come ci relazioniamo con gli altri. Vivere e abitare, spesso considerati sinonimi, sono due facce della stessa medaglia. Entrambi sono processi dinamici, influenzati da una moltitudine di fattori: dal clima alla cultura, dalla tecnologia al contesto sociale. Le nostre case sono il risultato di una complessa interazione tra questi elementi, un’espressione unica della nostra storia e della nostra identità. Il nostro modo di abitare è un complesso sistema di significati che plasma ogni aspetto della nostra esistenza. Dalle scelte quotidiane ai grandi orientamenti della vita, dallo spazio privato a quello pubblico, è la casa a forgiare i nostri gesti, i nostri linguaggi e le nostre relazioni con il mondo circostante, incluso il mondo naturale.
Ogni società, nel corso della sua storia, elabora rappresentazioni specifiche dello spazio, costruendo un ordine simbolico che orienta le azioni dei suoi membri. Questo ordine è il risultato di un intreccio complesso tra fattori culturali, sociali, economici e ambientali. Le relazioni di parentela, le attività economiche, la percezione del paesaggio e l’influenza dell’ambiente fisico concorrono a definire lo spazio e, di conseguenza, a plasmare le nostre vite.
L’abitazione, dunque, non è solo un luogo fisico, ma un riflesso della nostra identità collettiva e individuale. Se abitiamo in un grattacielo periferico, in un piccolo appartamento senza verde o in una casa di campagna, questa scelta, frutto di molteplici fattori, influirà inevitabilmente sulla nostra visione del mondo, sulle nostre relazioni sociali e, in ultima analisi, sulla nostra qualità della vita.
Gli spazi abitati non sono semplici contenitori, ma vere e proprie “macchine abitatrici” che plasmano le nostre vite e le nostre identità. Sono, come sosteneva Bourdieu, degli habitus materializzati, ovvero delle strutture sociali incorporate nei corpi, nelle pratiche quotidiane e nello spazio domestico. Tuttavia, l’abitare non è un dato immutabile, ma un processo dinamico e in continua evoluzione e relativo al suo contesto di produzione culturale. L’antropologia ci ha mostrato come, per gran parte della storia umana, l’abitazione sia stata concepita in termini di mobilità, di nomadismo. L’abitare e l’andare si intrecciavano e si intrecciano in un continuo divenire, dove il sostare rappresenta una fase intermedia, un momento di pausa in un percorso più ampio. Abitare il mondo, possiamo affermarlo con certezza, non è un atto statico, ma un continuo divenire tra radicamento e movimento. Spostandoci, abbiamo esplorato nuovi territori, adattandoci ai diversi ambienti e plasmandoli a nostra immagine, costruendo così una storia fatta di incontri, scambi e trasformazioni.
“Noi siamo lo spazio che occupiamo e il nostro corpo, spirito compreso, soffre oppure è contento secondo quello che lo circonda. E se si modifica lo spazio, si modifica il corpo. Così corpo e spazio finiscono per rassomigliarsi più del cane al padrone. E se lo spazio nel quale ci muoviamo si ammala, ci ammaliamo anche noi”. – Giorgio Todde
La casa quindi non è solo un luogo fisico, ma anche un punto di riferimento per la comunità. È qui che si costruiscono relazioni, si condividono esperienze e si trasmettono valori. In questo senso, la sfida di un vivere sostenibile è anche una sfida collettiva. Dobbiamo lavorare insieme per creare comunità più resilienti, più attente al benessere delle persone e dell’ambiente. La casa, rifugio e espressione della nostra umanità, è oggi al centro di una riflessione cruciale. In un’epoca segnata da crisi ambientali e sociali, è urgente ripensare il nostro modo di abitare il pianeta, cercando di stabilire un rapporto più equilibrato con la natura della quale facciamo parte. Ogni scelta che facciamo, dalla costruzione di una nuova casa all’arredamento del nostro appartamento, ha un impatto sull’ambiente e sulle generazioni future. È nostra responsabilità agire ora per costruire un futuro sostenibile risignificando gesti, relazioni e materiali.
Il nostro futuro è un bivio: o intraprendiamo una radicale trasformazione sociale e sostenibile, o rischiamo di compromettere irreparabilmente il nostro pianeta e, con esso, la nostra stessa esistenza. È urgente innescare una rivoluzione culturale profonda che ridefinisca il nostro modo di dimorare. La casa ecologica non è solo un edificio costruito con materiali efficienti e alimentato da energie rinnovabili, ma un vero e proprio manifesto di un nuovo stile di vita. È giunto il momento di superare la concezione della casa ecologica come semplice somma di tecnologie e materiali sostenibili, dobbiamo ripensare il concetto stesso di comfort, abbandonando abitudini superflue come l’uso indiscriminato dell’aria condizionata. Investire in una corretta coibentazione, valorizzare la ventilazione naturale e sfruttare le risorse ambientali ci permetterà di creare ambienti sani e piacevoli, senza compromettere l’equilibrio del pianeta.
La casa ecologica è solo un tassello di un puzzle più ampio. Per costruire un futuro sostenibile, dobbiamo trasformare le nostre città in oasi verdi, favorendo la biodiversità e migliorando la qualità della vita. Il cemento deve lasciare sempre più spazio al verde, a giardini pensili e orti urbani. Solo così potremo creare ambienti più vivibili e resilienti ai cambiamenti climatici. Dobbiamo far esplodere gli esterni, il verde deve veramente colonizzare le nostre città perché la casa espansa ed ecologica è la casa del futuro.